Afra Canali e l’Archivio Tino Stefanoni presentano una selezione di opere che documentano il primo ventennio di attività del grande artista italiano, fondamentale per conoscere anche il suo lavoro successivo.
Una selezione proveniente direttamente dall’Archivio e che vuole ripercorrere i momenti fondamentali dell’opera di Tino Stefanoni (Lecco, 1937) all’interno del panorama internazionale degli anni Sessanta e Settanta. L’artista nella sua formazione milanese è stato influenzato dalla pittura metafisica di Carlo Carrà e dai suoi paesaggi in particolare. Nella serie dei “Riflessi” (1965-1968) infatti è già presente un dettaglio “rubato” a Carrà ed elaborato da Stefanoni che lo moltiplica e “miniaturizza” prefigurando già le linee fondamentali della sua poetica. Infatti già nelle “Tavole” (1969-1975) compaiono gli oggetti, semplici, seriali, che diventano protagonisti dello spazio pittorico che viene invaso dalla loro essenzialità. Le sue opere rappresentano quell’ enigma dell’ovvio che è caratteristico di tutto il suo lavoro, la metafisica si confronta con la pop art. Il rigore, la squadratura della superficie pittorica, il rapporto aureo, le ripetizioni differenti sono fondamentali per comprendere il lavoro di Stefanoni. La sua rimane una pittura fortemente concettuale, vi è l’adesione ad un universo disciplinato che è punto di equilibrio tra l’arte e la vita. Un inventario di oggetti ed emozioni in cui non campare mai la figura umana.
La pittura è rappresentata come una disciplina solitaria e silenziosa.
Nella serie “Elenco di cose” (1976-1983) Tino Stefanoni concettualizza ancora di più la sua opera disegnando su tela preparata con la matita più dura e la lente d’ingrandimento: un lavoro lentissimo, unico e straordinario.
La mostra segue un percorso preciso, perfetto per il pubblico che vuole conoscere meglio un artista che ha saputo unire minimalismo e pop art, alla luce di quel sentimento metafisico che appartiene alla storia dell’arte italiana.